I MODI DI DIRE E IL DIALETTO A BOLOGNA
Come in ogni città, la lingua è specchio della storia e della tradizione, e anche Bologna possiede non solo il suo tradizionale dialetto bolognese, ma anche certe parole che ormai sono entrate nel lessico quotidiano dei bolognesi.
Se venite a Bologna, rimarrete sicuramente sorpresi da una parola in specifico, che solitamente si vede scritta vicino alle porte d’entrata delle case. Sto parlando della parola “tiro” (la quale è spesso affiancata dalla parola “luce”). Chiunque non sia bolognese, non può conoscere questo termine, poiché è nato proprio qui a Bologna ed è rimasto confinato dentro le mura. Si tratta di un termine risalente addirittura al XVIII secolo, e che sta ad indicare semplicemente il comando per aprire il portone.
Ma grazie alla posizione del nostro hotel-boutique nel centro storico di Bologna , durante una passeggiata tra le vie principali e non, un occhio attento e curioso potrebbe notare delle placchette con i due comandi “tiro” e “luce”, come quella in figura.
UN MODO DI DIRE OTTOCENTESCO
All’epoca nelle case dei bolognesi i portoni si aprivano grazie ad un sistema meccanico costituito da corde e catene. In particolare, gli ospiti che arrivavano davanti al portone potevano avvisare della propria presenza premendo un pomello che faceva suonare una campanella posta all’interno dell’abitazione, essendo collegato ad essa attraverso una corda; chi si trovava in casa quindi poteva, poi, aprire il portone a distanza sganciando la serratura grazie ad un secco e forte tiro alla catena ad esso agganciata. Da allora l’espressione dare il tiro è divenuta a tutti gli effetti sinonimo di apertura della porta. Essendo un modo di dire molto diffuso, nonostante l’arrivo dell’energia elettrica a Bologna, si è continuata ad utilizzare questa espressione per riferirsi al fatto di aprire la porta. E non solo! Ancora oggi a Bologna, nella maggior parte degli androni delle case si trova un pulsante con scritto Tiro, e le persone per farsi aprire la porta, hanno mantenuto l’usanza di dire “mi dai il tiro?”. Dunque questo modo di dire mostra come la città di Bologna, abbia una storia e una tradizione molto forte, in cui tutti i bolognesi, ancora si identificano e che potrete scoprire alloggiando nel nostro Art Hotel Commercianti.
IL DIALETTO BOLOGNESE
Come detto in precedenza, anche a Bologna, il dialetto bolognese è ancora fortemente radicato, ed alcune parole sono diventate talmente usuali nel parlato che si fa fatica a definire la soglia tra il dialetto e la lingua italiana. Di seguito riporterò degli esempi delle parole in dialetto bolognese più comuni.
1) rusco: si tratta di un termine che viene utilizzato per riferirsi alla “spazzatura”, ma trova l’origine in un tempo molto lontano. Difatti il rusco, o “rossc” in dialetto bolognese, rappresenta una pianta cespugliosa comunemente detta pungitopo, e che nell’antichità veniva utilizzata per realizzare scope e altri strumenti per pulire la casa. All’esterno delle antiche case, era usuale tenere questo tipo di pianta che, come suggerisce il nome, doveva mantenere distanti i topi dalle abitazioni, essendo questi animali sia portatori di malattie che razziatori di cibo e dispense. Siccome il pattume dell’epoca era composto principalmente da rifiuti organici e scarti di cibo, veniva gettato sotto la pianta del rusco, come concime. Da qui il significato del termine che sta ad indicare la spazzatura.
2) L’umarell: indica un individuo in pensione, quindi un uomo di una certa età, intento a trovare il modo di riempire le proprie giornate. Letteralmente il termine significa omarello o omarino, quindi un uomo di bassa statura. Questo termine si è diffuso a partire dal blog del 2005 “Umarells” di Danilo Masotti. I cosiddetti Umarell li possiamo vedere ovunque, basta prestare un po’ d’attenzione. Per esempio, li possiamo trovare a curiosare vicino ad un incrocio dove è appena avvenuto un incidente stradale ma anche in un autobus pieno di gente intenti a litigare con qualcuno perché sono stati spintonati. Come avete potuto capire, l’umarell è una persona curiosa, che ama guardare tenendo le mani accuratamente incrociate dietro alla schiena. Non bisogna criticare questi personaggi, perché in realtà, l’umarell si trova dentro ognuno di noi, ma aspetta solo il momento e l’età giusta per uscire allo scoperto e manifestarsi.
3) l’azdora: con questo termine si fa riferimento a una signora un po’ in carne, col viso rotondo e intenta a impastare la famosa sfoglia bolognese. È un simbolo di operosità infinita e instancabile, e rappresenta il punto centrale della famiglia bolognese. Principalmente nelle famiglie dei contadini, i componenti si dividevano i ruoli per mantenere la famiglia. C’era il cosiddetto azdor ovvero il reggitore, quindi il capofamiglia, il quale si occupava degli affari di casa e di tutto ciò che riguardava il denaro. In seguito, c’era l’azdora ovvero la reggiatrice, che era rappresentata solitamente dalla donna del capofamiglia. Si occupava principalmente delle faccende casalinghe vale a dire accudire l’abitazione, preparare il cibo ma anche andare al mercato a scambiare i propri prodotti (come pollame, formaggio e uova) con altri prodotti che potevano servire alla famiglia, come sale e olio. Ancora oggi, la figura dell’azdora, oltre che a essere un mito per tutti i cittadini bolognesi, rappresenta una vera e propria istituzione.
UN WEEKEND NELL'ATMOSFERA BOLOGNESE
Pertanto se avete in programma un weekend a Bologna, saremo felici di ospitarvi nel nostro Art Hotel Commercianti e nei nostri appartamenti nel centro della città; avrete così la possibilità di ascoltare in prima persona tutti i modi di dire e il parlato dialettale dagli autentici abitanti di Bologna. Si tratta di un grande privilegio che vi permetterà di calarvi a pieno nell'atmosfera bolognese ma anche di arricchire il vostro bagaglio culturale e linguistico.
Vi aspettiamo!